Maggio 1900 e gli spugnosi di Symi, dopo aver percorso tutto il Mediterraneo, fanno tappa ad Antikythera, obbligatoria a causa del mare grosso, cosa non insolita per la regione. Quando il mare si calmerà, il Martedì Santo, uno di loro, Ilias Lykopantis, si tufferà nelle acque, dove al posto delle spugne, affronterà un naufragio a una profondità di circa 50 m con statue di bronzo e marmo sparse intorno. Quindi, quando riapparirà, avrà in mano un braccio di bronzo come prova.
Tuttavia, da allora dovettero passare sei mesi prima che gli spugnatori si mettessero in contatto con l’archeologo e ministro dell’Istruzione dell’epoca, Spyridon Stai, per iniziare a organizzare l’operazione per sollevare il prezioso carico della nave con l’assistenza della Royal Navy.
Più di un secolo dopo e poiché nel frattempo il relitto è diventato famoso non solo per le opere d’arte che trasportava, ma anche per il misterioso Meccanismo di Antikythera, “il più antico pezzo di tecnologia scientifica sopravvissuto che cambia completamente la nostra visione dell’antica tecnologia greca ‘, come ha detto il suo primo studioso, il fisico, matematico e storico della scienza Derek De Sola Price, i reperti di questa nave romana vengono presentati insieme per la prima volta.
Si tratta di un totale di 378 oggetti che trovano posto nella mostra del Museo Archeologico Nazionale “Il relitto di Antikythera. The Ship – The Treasures – The Mechanism’, che sarà varato ad aprile e durerà un anno. Tra questi ci sono i risultati della seconda indagine archeologica del naufragio effettuata nel 1976 con l’ausilio della nave oceanografica di Cousteau, la famosa “Calypsos”.
Sculture e utensili di lusso, vasi in vetro, ceramica e rame, gioielli, monete, parti di un letto, pezzi della nave stessa, persino resti di cibo, e naturalmente il Meccanismo, a cui è dedicata un’intera sala, ricostruiscono il viaggio di questo di uno sfortunato naufragio intorno al 60-50 a.C. Un’epoca in cui la navigazione mercantile e il trasporto marittimo di opere d’arte da est a ovest avevano raggiunto il loro apice. Il carico, invece, risale prevalentemente all’età ellenistica (fine II – inizi I sec. aC.
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